Al nostro amico Silverio

Al nostro amico, Silverio

Il nostro amico Silverio è morto il 5 marzo all'Ospedale Maggiore di Bologna. Portato di corsa dalla sua casa sull'appennino bolognese in eliambulanza, è morto in terapia intensiva.

Solo dopo la sua morte emerse che anche lui aveva questo coronavirus micidiale.

È stato sfortunatissimo. Sebbene avesse una condizione di salute di base, viveva molto lontano dagli focolai della coronavirus nella Pianura Padana. Aveva 67 anni.

L'ultima volta che ci siamo visti Silverio e sua moglie Oriella fu tre settimane fa durante un fine settimana con amici Inglesi.

Silverio non era a suo agio. Viveva costretto con la dialisi domestica e le difficoltà che questo comportava per la sua attività e dieta. Non più di un litro di liquido al giorno e neanche un bocconcino dei tesori della cucina emiliana: prosciutto, parmigiano, salame. 'Possono dirmi tutto quello che ho mangiato dalle loro analisi', ha detto in parte meravigliato e in parte disperata per la sorveglianza sulla sua vita fiera ed autonoma.

Silverio ha avuto la sfortuna di essere il primo decesso di Covid-19 in provincia di Bologna in un giorno che ha visto il totale delle morti per il virus in Italia salire a 146.

Quel giorno, tre settimane fa, la sua schiena gli stava proprio male. Si poteva sentire gli spasmi muscolari mentre si girava per stringere la schienale della sedia. Sembrava rilassarsi un po 'quando si parlava di coltivare e innestare le castagne.

Abbiamo discusso sulla crescita e l'innesto, l'essiccazione e la potatura delle castagne. Oriella scherzava che Silverio non era che un giovane apprendista nei misteri del castagneto. Ma lui ha più che resistito alla rivalità amichevole e concisa.

Sono venuto via da quel incontro con la testa che mi girava un po’: c'è così tanto da sapere in questo mondo e in Italia c'è una precisione a quella che potrebbe essere definita "conoscenza contadina" che è sia formidabile che impegnativa. Sapevo di essere nelle mani migliori se avessi la capacità di farla fino in fondo. Abbiamo anche parlato di una possibile visita al podere nostro in Toscana. Difficile ma non impossibile visti i vincoli e le ansie della dialisi.

La prima volta che ho incontrato Silverio ho sentito di aver incontrato un amico. Qui c'era un uomo, un metalmeccanico, che aveva lavorato indietro alle macchine utensili per tutta la vita nelle famose piccole e medie imprese della Terza Italia. Avevo studiato loro e i loro sindacati negli anni '80 per il mio dottorato a Bristol University.

Sembrava che c’andassimo proprio d’accordo. Quel miscuglio di passato e riconoscimento e l'amore di lui e Oriella per la difficile terra ripida e pericolosa che era il loro patrimonio.

Essere il sale della terra è una qualità spesso nominato ma a Silverio ci stava davvero, ma senza pretese né magniloquenza , senza disprezzo né sospetto verso dei stranieri , e una generosità da condividere, sì con umorismo e un po 'di perplessità nascosto dietro gli occhi scintillante. E un'enorme base di quella che sembrava un'energia incessante. L'irrequietezza delle mani quando tanto bisognava fare, tendersi, mettere a posto. Nel suo mondo ogni problema aveva una soluzione, e se non riusciva a trovarcene una soluzione conosceva la persona giusta per farla.

Fino a quando il suo corpo non resisteva più e il virus malvagio è arrivato.

Vivevo io tanti anni fa non lontano dalla stazione di Bologna quando la bomba neofascista uccise 85 persone il 2 agosto 1980. Ci fu là sotto il sole martellante a guardare e stare con quel mare di gente che venne da tutt’Italia in Piazza Maggiore per esprime solidarietà e condoglianza con le vittime. Scommettere che ci fosse anche Silverio e Oriella.

Non posso rivendicare Silverio come amico amico. Ma mi piacevo molto lui. Il virus ha già rivendicato più morti del massacro della stazione e si teme che continuerà a reclamarli finché l'immunità crescente e un vaccino cambieranno le carte.

Fin quanto che non ci arriviamo, tutto ciò che si può fare è aiutarci a vicenda. Solo e insieme. Insieme e soli. E ricordare che ogni vita rubata per il virus è una vita di amore e apprendimento, impegno e travaglio e saggezza acquisita.

Si spera veramente che un castagneto sopra degno di Silverio ci sia. E guai a tutti quando ci si arrivi lui con la motosega in mano per ripristinare un pochettino il boschetto. Ci sarà una pioggia di legna dal cielo azzurro Pitiglianese che non ci sia mai visto.

Addio Silverio, il mio cuore mi ce l’ha toccato

(Scusami per il mio italiano)

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